Roberta e Giulia: madre e figlia, separate per sempre nel 1995 da una male terribile e ancora senza terapie efficaci come l’AIDS. Giulia allora ha otto anni, e a lungo la vera causa della morte di Roberta le verrà tenuta nascosta: la nonna e il padre temono infatti lo stigma con cui la società dell’epoca condanna la malattia e le migliaia di persone che la contrassero perchè furono, spesso solo per un periodo della loro vita, “tossicodipendenti”. Ma la reticenza e la finzione si fanno sempre più insostenibili ed ecco che, con ostinazione e per intima necessità, Giulia ormai adulta decide di lavorare sulla memoria individuale e collettiva, sulla sua storia che è anche la storia dimenticata di tante altre persone. Vuole restituire un’immagine veritiera e completa di Roberta, donna affettuosa e gentile, operaia in fabbrica, amorevole preparatrice di torte, morta di un male non nominabile. A completare la figura sfocata della madre, che Giulia ricerca avidamente nelle fotografie di famiglia, viene chiamato anche Andrea, il padre che per tutta la vita ha tentato a suo modo di proteggerla tenendola distante da un passato troppo doloroso. In questo momoir lucido, tagliente intenso, Giulia Scomazzon pone a se stessa e a lettore la domanda più difficile: come si supera la paura del passato e dell’assenza? E come si affrontano i modi imprevedibili attraverso cui il lutto si muove su di noi?