«In un moderno e anonimo sobborgo residenziale, con i suoi drammi esistenziali e psicologici che covano sotto la patina della normalità, vive la piccola Eva, bambina “difficile”, intelligentissima e disadattata, dotata di una sorta di interruttore mentale in grado di trasportarla (e il lettore con lei) in una dimensione fantastica, che è evasione dal mondo e sua trasposizione nel linguaggio della fiaba: una dimensione in cui le bambole parlano, le figure immaginarie convivono con quelle reali su un piano di assoluta parità e la profonda solitudine di Eva, trascurata da un padre assente e da una madre malata di nervi, si trasforma in un fitto dialogo con ombre ora amiche, ora minacciose, la cui presenza sembra costituire l’unico antidoto a quel senso di vuoto che grava su di lei come su tutti gli abitanti del quartiere» (Paola Capriolo).
«Se pure fosse una favola – e, come le favole, ricca di dolcezza ma tinta di corrosiva asprezza – è il più deciso attacco alla realtà da me conosciuto (in letteratura) negli ultimi tempi» (Angelo Guglielmi).