Non un romanzo, ma un pellegrinaggio profano lungo le tappe del dolore, del piacere, del senso di colpa, della consapevolezza, della vergogna e dell’orgoglio. Nella cittadina di campagna dove vive, in una provincia italiana senza nome che è ogni provincia, a mano a mano che cresce, Erica attraversa un vissuto multicolore: i compagni di scuola che la toccano, le violenze della sorella maggiore che sfoga su di lei le proprie gelosie, gli albori dell’autoerotismo e la scoperta del sesso nei discorsi tra amiche, fino alle prime uscite con i ragazzi e i falò di Ferragosto in cui il desiderio è il dispotico regista di una realtà tanto intensa da essere quasi inavvicinabile. Come per schermirsi dalla vulcanica vitalità del corpo, Erica si consegna all’ascesi mistica, giocando a seppellirsi come i santi nei boschi o con un digiuno catartico che renderà la sua pelle trasparente e i suoi occhi luminosi. Erica colleziona santi, costruisce genealogie di martiri, s’immagina apostolo di una nuova religione in cui il desiderio è negato; e quando i desideri della carne diventano troppo pressanti, l’unica soluzione è punirsi. Ma dal corpo non si scampa se non con la morte. Un esordio letterario di incredibile maturità, che riesce ad essere diretto, disturbante e poetico a un tempo, la storia di una vita qualsiasi che è la vita di tutti, se si ha il coraggio di ammetterlo.